I segreti della Nebulosa del Granchio

Cosa sappiamo sulla Crab Nebula, una delle nebulose più famose del cielo. Ecco le nuove scoperte che abbiamo fatto grazie alle osservazioni più recenti del telescopio spaziale James Webb

La Nebulosa del Granchio è uno degli oggetti più famosi del cielo. Ma ora possiamo coglierne dettagli nuovi grazie al telescopio spaziale James Webb. Una fotografia così spettacolare di questa celebre nebulosa non l’avevamo mai vista. A scattarla è stato il telescopio spaziale James Webb, che a quasi due anni dal lancio sta rivoluzionando la nostra visione dell’Universo. Dallo studio delle galassie più lontane a quello dei pianeti extrasolari, il James Webb ci sta regalando dati di altissima qualità per studiare i corpi celesti.
Se osserviamo l’immagine della Nebulosa del Granchio rilasciata di recente possiamo catturare dettagli rimasti invisibili ai precedenti strumenti. In questo modo possiamo comprendere meglio la struttura della nebulosa e i meccanismi fisici che hanno portato alla loro formazione. Scopriamo quindi i nuovi dettagli sulla Crab Nebula svelati dal telescopio spaziale James Webb.

La Nebulosa del Granchio ripresa dalle camere NIRCam (Near-Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)
La Nebulosa del Granchio ripresa dalle camere NIRCam (Near-Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)

La Nebulosa del Granchio, o Crab Nebula in inglese, è certamente uno degli oggetti più noti della volta celeste. Tutti abbiamo visto una sua fotografia su qualche sito web, sui giornali o magari sui libri di scuola. Gli appassionati di astronomia sanno che questa nebulosa è anche identificata dalla sigla M1, dove la lettera M si riferisce all’astronomo francese Charles Messier. Nella seconda metà del Settecento Messier compilò in modo sistematico una lista di nebulose, galassie e ammassi stellari, in parte già noti e in parte scoperti da lui stesso.

La prima della lista

Messier era infatti un famoso scopritore di comete che dedicava gran parte del suo tempo a scrutare il cielo alla ricerca di nuovi astri chiomati. Nel corso delle sue osservazioni si imbatteva spesso in oggetti dall’aspetto nebuloso, che potevano essere facilmente scambiati per comete. Pensò quindi di raccogliere in una lista gli oggetti non stellari, prima di tutto per tenerla come riferimento ed evitare di confonderli con delle vere comete. quella lista servì come base per realizzare un catalogo sistematico di oggetti non stellari.
Messier osservava con un telescopio da circa 10 cm di diametro, uno strumento molto buono per l’epoca. Ma l’aspetto più curioso non è con cosa osservava Messier, ma da dove osservava. L’astronomo francese infatti scrutava il cielo dal centro di Parigi, presso lo storico Hôtel de Cluny dove oggi si trova un famoso museo. Pensare che il francese riuscisse a compiere queste osservazioni astronomiche dalla capitale ci da un’idea di come sia cambiato l’inquinamento luminoso negli ultimi secoli.
La prima versione del catalogo fu pubblicata da Messier nel 1774 e conteneva 45 oggetti, mentre la versione finale con 103 oggetti fu pubblicata nel 1781. Oggi il catalogo di Messier contiene in realtà 110 oggetti e conta anche quelli scoperti da Messier e dal suo assistente Pierre Mechain negli anni successivi.

Cronache di una scoperta

Nel catalogo di Messier la Crab Nebula occupa il primo posto, e a inserirla fu proprio Messier che la scoprì nel 1758. Sembra in realtà che quella di Messier fosse una riscoperta, poichè il primo a vedere per la prima volta la Nebulosa del Granchio fu un medico inglese, John Bevis, nel 1731.

Il curioso nome della Nebulosa deriva dal fatto che in un piccolo telescopio M1 assomiglia a un granchio. Questa somiglianza fu suggerita la prima volta a metà dell’Ottocento dall’astrofilo William Parson, meglio noto come Lord Rosse. Ma nelle fotografie possiamo apprezzare meglio la struttura della nebulosa, che sappiamo essere il resto dell’esplosione di una supernova. Ma a differenza di altri resti di supernova, sappiamo esattamente quando avvenne l’esplosione. Le cronache degli astronomi cinesi raccontano infatti di una stella apparsa nella primavera del 1054 d.C e diventata più brillante persino di Venere.

Oggi sappiamo che quel fenomeno non rappresenta la nascita di una stella ma l’esatto contrario, ovvero la sua morte catastrofica come supernova molto lontana da noi. Le osservazioni hanno mostrato che la nebulosa si trova a circa 6500 anni luce da noi e che le sue dimensioni siano di circa 11 anni luce. In realtà però la nebulosa si sta ancora espandendo in seguito all’esplosione della supernova, con una velocità che si aggira sui 1500 chilometri al secondo.

Confronto fra le immagini della Nebulosa del Granchio riprese da Hubble Space Telescope (a sinistra) e James Webb Space Telescope (a destra). Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)
Confronto fra le immagini della Nebulosa del Granchio riprese da Hubble Space Telescope (a sinistra) e James Webb Space Telescope (a destra). Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)

Gas e polveri

Passiamo ora a scoprire i nuovi dettagli sulla Crab Nebula svelati dal telescopio spaziale James Webb. Dal momento che si trova relativamente vicina a noi e poichè possiamo collegarla a un’esplosione di supernova documentata, la Crab Nebula è un importante strumento per studiare i resti di supernova. Le nuove immagini del James Webb Space telescope sono ottenute tramite le camere di ripresa nel vicino e nel medio infrarosso (NIRCam e MIRI). Le immagini mostrano una quantità di dettagli sulla struttura della nebulosa, compresa la distribuzione delle nubi di gas e polveri. A differenza delle fotografie del telescopio spaziale Hubble, che vediamo sopra, quelle del James Webb mostrano per la prima volta l’emissione dei grandi di polvere nelle regioni più interne della nebulosa, visibili in verde e giallo. La polvere infatti si trova a temperature molto basse e quindi emette principalmente nell’infrarosso, la regione dello spettro elettromagnetico dove James Webb è più sensibile.

La Nebulosa del Granchio ripresa dalle camere NIRCam (Near-Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)
La Nebulosa del Granchio ripresa dalle camere NIRCam (Near-Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)

Nel cuore della nebulosa

Nel cuore della nebulosa è inoltre visibile ciò che rimane della stella che è esplosa come supernova. Durante l’esplosione infatti il nucleo della stella collassò a formare una stella di neutroni che oggi noi possiamo osservare come pulsar. Sappiamo che le stelle di neutroni, così come i buchi neri, sono il prodotto dell’evoluzione delle stelle di grande massa. Le pulsar sono infatti stelle di neutroni rotanti e altamente magnetizzate che emettono luce lungo fasci molto stretti, analogamente a quello che avviene per un faro in riva al mare. Proprio come nel caso del faro quello che vediamo è infatti un’emissione che appare pulsata, un fenomeno che da il nome alle pulsar.
La luce emessa dalle pulsar è associata alla cosiddetta emissione di sincrotrone, un tipo di radiazione che viene emessa dalle particelle cariche in moto all’interno di un campo magnetico. L’emissione di sincrotrone, visibile in maniera diffusa nel cuore della nebulosa è prodotta da particelle cariche, principalmente elettroni, accelerati lungo i fasci della pulsar, che attraversano il forte campo magnetico della stella stessa.

Nel caso di una pulsar come quella nella Nebulosa del Granchio, l’emissione di sincrotrone è particolarmente intensa nelle regioni dell’infrarosso. Nella nuova immagine possiamo infatti vedere in modo molto chiaro l’emissione di sincrotrone che disegna un vortice intorno alla stella di neutroni al centro. Dalla forma dell’emissione è possibile studiare non solo la struttura del campo magnetico della stella ma anche come il materiale emesso lungo i fasci sia confinato dal materiale circostante.

Una Nebulosa, tanti colori

Restano sicuramente ancora molte domande aperte circa questa meravigliosa nebulosa, e per rispondere a tutte le immagini del James Webb da sole non bastano. Sarà infatti necessario confrontarle con le altre immagini della nebulosa raccolte da altri telescopi operanti a varie lunghezze d’onda, in modo da poter comporre un’immagine multifrequenza di Messier 1, una delle nebulose più belle di tutto il cielo.

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